Blog di Paolo Morazzi: Anteprima ""

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mercoledì 23 giugno 2010

Al fiume


Per molti anni e fino a quella estate, nelle mie lunghe passeggiate, mi accompagnava sempre Teo. Camminavamo insieme, saltavamo, giocavamo. La meta era sempre il fiume. Una corsa a chi arrivava prima in fondo al filare di pioppi, e poi giù, distesi sull'erba fresca, ansimanti. Restavamo in silenzio a guardare le nuvole, a sognare di caderci dentro... e nuotare, nuotare... Poi un'altra corsa, e un'altra sosta, e altri sogni, tanti, tantissimi sogni su tutto quello che avremmo voluto fare insieme.
Gli volevo bene, sì, gli volevo proprio un gran bene. Era il mio unico vero amico e solo a lui, soltanto a lui avevo confidato certe cose.
Poi, un giorno, mentre tornavamo a casa, una macchina impazzita lo falciò, sul ciglio della strada. Lui rotolò nel fosso, intontito, stordito. Eppure riuscì ad alzarsi subito. Niente di rotto. Proprio niente. Risalì la sponda quasi felice. Ma... Teo..|
Teo era steso sull'asfalto. Immobile. Un sottile filo di sangue gli usciva dalla bocca.
Ricordavo perfettamente il sapore salato delle lacrime, lacrime e vomito. Poi la speranza. Era ancora vivo, sì, era ancora vivo. Ma... paralizzato. Lesione alla spina dorsale. E poi due mesi, due lunghissimi mesi di calvario fra punture, flebo, terapie. Lo vegliavo giorno e notte, con tutta la cura e l'amore che potevo. Teo mi guardava con lo sguardo di chi supplica di vivere. Ogni tanto piangeva. E intanto si consumava, si consumava. Era diventato irriconoscibile, debole, magrissimo, sempre più immobile. Si stava spegnendo, non c'era più speranza.
Non c'era più speranza. Il giorno che morì, per affogare il dolore, presi una penna e cominciai a scrivere:
"Ti avrei portato in Africa con me. Sicuramente avresti voluto vedere gli immensi spazi vuoti, le nuvole a forma di elefante, le orchidee più preziose. Sicuramente ti saresti seduto sulla cima della collina più alta, per ascoltare il vento, per capirne i pensieri, le malinconie, i segreti più profondi. E poi giù, una corsa pazza tra le erbe alte della savana. Libero, finalmente libero di sognare, di giocare, di sentirti vivo. Soltanto a sera ti saresti calmato, fermo nell'ultima luce del tramonto, per gustarti un cielo vestito di stelle. Soltanto allora, la tua anima di cocker, sarebbe andata in paradiso.
Il mio piccolo, dolcissimo cagnolino non c'era più.
Un nodo in gola mi ricordò che forse era meglio rientrare.
Per oggi al fiume non ci sarei andato, no, era meglio di no.

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